Carlo Alberto Racchia (esploratore)
Carlo Alberto Racchia | |
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Descrizione generale | |
Tipo | esploratore leggero |
Classe | Mirabello |
Proprietà | Regia Marina |
Costruttori | Ansaldo, Sestri Ponente |
Impostazione | 1914 |
Varo | 1916 |
Entrata in servizio | 1916 |
Destino finale | affondato per urto contro mina il 21 luglio 1920 |
Caratteristiche generali | |
Dislocamento | standard 1819 t pieno carico 2040 t |
Lunghezza | 103,75 m |
Larghezza | 9,74 m |
Pescaggio | 3,6 m |
Propulsione | 4 caldaie 2 gruppi di turbine a vapore su 2 assi potenza 35.000 hp |
Velocità | 34 nodi (62,97 km/h) |
Autonomia | 2.800 mn a 12 nodi |
Equipaggio | 169 tra ufficiali, sottufficiali e marinai |
Armamento | |
Armamento | alla costruzione:
dal 1919:
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Note | |
dati riferiti all’entrata in servizio | |
dati presi da [1] e Storia Militare n. 204 | |
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Il Carlo Alberto Racchia è stato un esploratore leggero della Regia Marina. L'unita portava il nome del politico Carlo Alberto Racchia, che fu Ministro della Marina del Regno d'Italia nel Governo Giolitti I.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Dislocato a Brindisi, partecipò attivamente alle operazioni della prima guerra mondiale in Adriatico, in missioni di intercettazione di forze nemiche, posa di mine ed appoggio ad attacchi aerei e di MAS.
Nella notte tra il 14 ed il 15 maggio 1917 il Canale d'Otranto fu oggetto di un duplice attacco austroungarico volto sia a distruggere i drifters, pescherecci armati che pattugliavano lo sbarramento antisommergibile del Canale d’Otranto, sia, come azione diversiva, a distruggere un convoglio italiano diretto in Albania; alle 4.10 del 15 maggio, in seguito a notizie di tali attacchi, il Racchia fu fatto approntare insieme agli esploratori Aquila e Marsala, all'incrociatore leggero britannico Liverpool ed ai cacciatorpediniere Insidioso, Impavido ed Indomito[1]. Alle 5.30 la formazione lasciò Brindisi insieme all'incrociatore leggero Dartmouth e ad altri due cacciatorpediniere, ed alle 7.45 furono avvistati i cacciatorpediniere austroungarici Csepel e Balaton[1]. Alle 8.10, mentre i cacciatorpediniere e l’Aquila attaccavano le due navi avversarie, il Racchia, insieme a Marsala, Liverpool e Dartmouth, fece rotta su Cattaro per impedirne la ritirata[1]. In seguito ad uno scontro cui parteciparono anche altre unità italiane ed austroungariche la battaglia si concluse con alcune unità danneggiate da entrambe le parti, ma nessun affondamento[1].
Il 16 luglio uscì in mare unitamente al gemello Riboty per fornire appoggio a distanza ad un'azione di bombardamento contro Durazzo da parte di 18 aerei partiti da Brindisi e Valona[2].
Nella notte tra il 4 ed il 5 ottobre 1917 supportò nuovamente a distanza, insieme all’Aquila, un nuovo attacco aereo contro Cattaro[3].
Il 2 ottobre 1918 fu in mare insieme alla corazzata Dante Alighieri, agli esploratori Rossarol, Pepe e Poerio ed ai cacciatorpediniere Nievo e Schiaffino per contrastare un eventuale contrattacco di navi nemiche provenienti da Cattaro volto ad impedire il bombardamento di Durazzo da parte di altre unità italiane ed inglesi[4].
Alle 9 del mattino del 9 novembre, salpato da Brindisi, partecipò, insieme al capoclasse Mirabello, all'occupazione di Lissa[5].
Il 20 marzo 1920 lasciò Taranto per trasferirsi a Costantinopoli; fu adibito al pattugliamento del canale del Bosforo e del Mar Nero[6].
Il 19 luglio 1920 salpò da Costantinopoli per scortare ad Odessa un convoglio formato dai piroscafi Calvi, Melpomene e Thalia con a bordo 14.000[7] ex prigionieri russi che, catturati dalle truppe italiane dopo la resa austro-ungarica, erano internati da due anni all'Asinara: su iniziativa del Partito Socialista Italiano, si era decisa la loro “restituzione” presso le truppe comuniste (era infatti in corso in Russia la guerra civile tra “rossi” e “bianchi”)[6]. Alle undici del mattino del 21 luglio il Racchia, mentre era in navigazione 9 miglia a sudovest di Capo Fontana ed a 19 miglia da Odessa, fu scosso a centro nave dallo scoppio di una mina, forse turca, che provocò gravi danni ed una ventina di morti e feriti[6]. Ad una quarantina di minuti dall'esplosione la nave, abbandonata con ordine da tutto l'equipaggio, affondò di prua su un fondale di 11 metri; i naufraghi furono recuperati dal Calvi[6].
Tra l'equipaggio del Racchia si registrarono in tutto 10 morti e 9 feriti[6].
Dopo qualche infruttuoso tentativo di recuperarne il relitto, l'esploratore fu definitivamente radiato dai quadri del naviglio militare nel 1922[6].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d Franco Favre, pp. 201–210.
- ^ Franco Favre, p. 195.
- ^ Franco Favre, p. 197.
- ^ Franco Favre, p. 255.
- ^ Franco Favre, tavole.
- ^ a b c d e f L'affondamento del Racchia e la Guerra Civile Russa - Betasom - XI Gruppo Sommergibili Atlantici.
- ^ ITALIAN SHIP SUNK BY BLACK SEA MINE - Convoy of Repatriated Russian Prisoners Had Nine Killed and Many Wounded. - Article - NYTimes.com.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Franco Favre, La Marina nella Grande Guerra. Le operazioni aeree, navali, subacquee e terrestri in Adriatico, Gaspari Editore, 2008, ISBN 978-88-7541-135-0.