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Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/10

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[p. 86 modifica] errare, ma, specialmente Omero, appena sapevano che ci fosse, e però franchissimamente si diportavano, con quella bellissima negligenza che accusa l’opera della natura e non della fatica. Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si può errare, ma avendo sempre avanti gli occhi l’esempio di chi ha errato e di chi erra, e però pensando sempre al pericolo (e con ragione perché vediamo il gusto corrotto del secolo che facilissimamente ci trasporterebbe in sommi errori, osserviamo le cadute di molti che per certa libertà di pensare e di comporre partoriscono mostri, come sono al presente, per esempio, i romantici) non ci arrischiamo di scostarci, non dirò dall’esempio degli antichi e dei classici, che molti pur sapranno [p. 87 modifica]abbandonare, ma da quelle regole (ottime e classiche ma sempre regole) che ci siamo formate in mente, e diamo in voli bassi, né mai osiamo di alzarci con quella negligente e sicura e non curante e dirò pure ignorante franchezza, che è necessaria nelle somme opere dell’arte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo di farne delle ottime, e ne facciamo delle mediocri, non dico già mediocri di quella mediocrità che riprende Orazio, e che in poesia è insopportabile, ma mediocri nel genere delle buone cioè lavorate, studiate, pulitissime, armonia espressiva, bel verso, bella lingua, Classici ottimamente imitati, belle imagini, belle similitudini, somma proprietà di parole, (la quale soprattutto tradisce l’arte) insomma tutto, ma che non son quelle, non sono quelle cose secolari e mondiali, insomma non c’è piú Omero, Dante, l’Ariosto, insomma il Parini, il Monti sono bellissimi ma non hanno nessun difetto. Vedi p. 461.


*   In Plauto il sommo pregio è quello della forza comica, che non è altro se non quella certa vivacità dei personaggi ottenuta col mezzo del ridicolo, che nel mentre che vivifica l’azione (a differenza delle Commedie di Terenzio dove c’è gran serietà, e però dice Cesare ch’egli manca di forza comica; a ragione, perché l’azione importando poco per se e non avendo la importanza della tragedia, se non è continuamente rallegrata e rinforzata dal ridicolo, resta debole, e come morta) ottiene il fine della Commedia che è di distogliere